Hostis. Lo straniero, l’ospite, il nemico
Pubblicato su la Repubblica, 20 ottobre 2020 (pdf)
"Enea giunge alle foci del Tevere" di Pietro da Cortona (1597 – 1669).
I testi latini, al pari di quelli greci, rappresentano lo straniero come una figura duplice, portatore di un dono, il conferimento della nostra identità che possiamo definire solo in rapporto con chi è altro da noi, ma al contempo accompagnato da un’inquietante carica di minaccia. Questa irriducibile ambivalenza si manifesta a partire dall’ambito linguistico: non è possibile ridurre lo straniero (xenos per i Greci, hostis per i Romani) semplicemente a ospite, come non è possibile ridurlo soltanto a nemico, giacché egli è sempre ospite e nemico insieme. Dipende in ultima analisi da noi, dalla capacità di stabilire relazioni basate su una reale conoscenza di chi ci appare ‘diverso’ se questi sarà latore di un dono prezioso o di una minaccia mortale. Una lezione, quella degli antichi, che oggi merita di essere attentamente meditata alla luce del fenomeno migratorio, che per le opulente società occidentali costituisce una sfida globale ed epocale, ancora priva, in tutta evidenza, di risposte culturali e politiche adeguate.